Durante un lungo quest’estate si chiacchierava del più e del meno, quando qualcuno disse: “portiamo Chiara a provare le campestri il prossimo inverno”.
Campestri cosa? Le corse della scuola, pensavo tra me e me. A scuola avevo partecipato solo una volta ai giochi della gioventù per una prova di corsa ma non chiedetemi quanto ho corso, perché ho corso e come mi sono piazzata. E’ buio totale. Era alle medie però, di questo ne sono sicura. Perché al liceo, quando ci facevano riscaldare con una sgambettata intorno al chiostro, di solito mi nascondevo dietro una colonna e, una volta, venni spedita dritta dal preside.
Così è arrivato l’inverno (o questo pseudo inverno) e mi sono ritrovata catapultata in pieno nel Trofeo Monga. Cinque, dico cinque, domeniche tra dicembre e febbraio, condite da levatacce, imprecazioni, tanta fatica ma anche parecchio divertimento. Senza quello, giuro che mi sarei fermata al primo turno, quando a Monza avevo capito che in queste gare non si scherza affatto.
Altro che prove non competitive, la corsa per divertirsi e altre amenità… Alle campestri ti becchi le gomitate dagli uomini, hai gente alle spalle che ti butterebbe a terra pur di superarti e respiri intorno a te la rabbia di chi vuole arrivare. Insomma, tutta una serie di variabili che non mi rappresentano affatto.
E poi ci sono i fossati, le salite, le tane delle talpe e il fango.
Il fango, appunto. Quello che avevo sperato di evitare e che, invece, ieri è arrivato copioso. Pioggia a dirotto, il terreno rovinato dal passaggio di tutti gli uomini che avevano corso prima (la partenza delle donne era l’ultima gara), le scarpe chiodate che volevano sfilarsi a ogni passo, i calzini zuppi e scivolati a metà piede, le zolle di terra direttamente tra le dita…
Il tempo? Cos’è il tempo cronometrico? Alla fine l’importante era arrivare viva, senza cadere, senza farmi male e chiudere la prova per portare punti ai ragazzi della Canottieri e alla mia classifica, che mi vedeva sul podio, giusto per il merito di aver avuto costanza e per l’assenza di rivali nella mia categoria. Del resto, come dice il coach, chi è assente ha sempre torto. Parole sante.
Perché ieri, alla fine, sono riuscita ad arrivare seconda. Un risultato che mai mi sarei aspettata di ottenere nella vita in una performance sportiva. Rido ancora se ci penso. Io? Seconda? Mah… Uno scherzo del destino. Secondi classificati anche con la squadra femminile e terzi con quella maschile.
Chi sa delle mie imprese ora mi vede e sorride. Per la nonchalance con cui passo dalle passerelle al fango. Per questo mio essere un po’ snob ma anche un po’ camionista.
Nemmeno ieri comunque mi sono fatta mancare un tocco fashion, correndo con una giacca impermeabile lilla zebrata e con il solito mascara, stavolta un po’ colato…
Saremo anche super donne ma non per questo dobbiamo rinunciare alla nostra femminilità.
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