Ci sono le gare fashion, contesto in cui mi sento perfettamente a mio agio, e le gare Fidal (riconosciute cioè dalla Federazione italiana di atletica leggera), che ho iniziato a frequentare solo da un paio d’anni e alle quali sto cercando di fare l’abitudine. Per una fashion runner come me, una che parla di moda per lavoro e per passione ogni santo giorno dell’anno, le gare fashion sono un’estensione naturale dell’esistenza mentre le gare Fidal sono tutt’altro paio di maniche. Qui a contare non è il numero di like che prende una tua foto posata ma il tempo in cui tagli quel maledettissimo traguardo. E, in questo caso, c’è molta più gente di me che ha qualcosa da dire in merito.
Ma andiamo per ordine, cercando di spiegare le differenze tra l’una e l’altra “competizione”.
La prima discriminante sta nella preparazione del look. Alle gare fashion il look non dico che è tutto ma quasi. Devi essere una figa. Devi avere una maglia abbinata al pantalone e alla scarpa, alla fascetta, al ferma coda e al make up se ti trucchi (cosa indispensabile se ti vuoi fare molte foto). Pensate che c’è anche chi si va a fare la piega prima della gara, come prima di un matrimonio. Tanto non suderai e non rischierai di rovinarti l’acconciatura perché sudare non è fashion.
Alle gare Fidal, invece, sei tenuto a indossare la maglia della tua squadra che, di solito, abbina i colori sociali a casaccio con disegni orrendi, come omini stilizzati che corrono, impronte di piedi o altre amenità e ti devi imbruttire per fare finta di essere una che fa fatica, che soffre, che suda per arrivare al traguardo. Insomma una dura e pura e non una dilettante che corre perché correre va di moda.
Punto numero due. Alle gare fashion lo strumento indispensabile, da cui non ti staccherai per nulla al mondo, è il cellulare. Per usare una app di running? Macché, scherziamo? Per fare foto alla partenza, magari durante il percorso, e all’arrivo da postare in tempo reale su istagram, facebook e twitter (da qui l’esigenza di trucco e parrucco preventivo).
Questa deformazione professionale mi ha procurato non poca derisione durante l’ultima gara Fidal quando, a tre minuti esatti dalla partenza, mia madre mi ha telefonato per prendere accordi per il pranzo della domenica e io ho risposto con molta nonchalance. I compagni di squadra erano piegati dal ridere alle mie spalle. Ma ragazzi, siamo realisti… Io non vincerò mai niente, a cosa serve tutta questa tensione pre gara?
Forse, però, un po’ di tensione è naturale che salga alle gare Fidal vista la velocità a cui si parte. Anche se non ti schieri proprio in prima linea per avere un gap pari a zero di real time, sei a rischio morte per investimento. Se non parti a razzo, infatti, sarai naturalmente travolto da una mandria inferocita di runner che ti calpesteranno come tori alla festa di San Firmino a Pamplona. Così correrai il primo chilometro a una velocità da ripetuta, forse anche il secondo, e al terzo inizierai a stramazzare. Alle corse fashion, invece, ora che ti sistemi e ti fai fare foto puoi pensare di partire come se andassi a cogliere margheritine in un prato.
La velocità mette sul piatto una questione spinosa, che cito come ultima ma in realtà merita minuti di riflessione: il tempo in cui concludi la tua performance. Se nelle gare fashion, posso essere una di quelle mediamente veloci, perché alle gare fashion quel che conta è presenziare e quindi ci sono tante persone più o meno esperte, alle gare Fidal è molto facile finire in coda alla classifica. All’ultima che ho corso, ad esempio, ho fatto il mio personale ma non è servito a nulla. Perché il mondo è pieno di gente che corre di brutto. E, per quanto mi impegni, non mi impegno mai a sufficienza per correre di brutto. Del resto, sono una fashion runner. Quante fashion runner sono pure tesserate Fidal? Forse dovremmo fare una squadra tutta nostra. Arriveremmo sempre ultime in classifica ma con la piega ancora fresca e lo smalto sulle unghie. Abbinato alla maglietta, ovviamente.
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