E’ indiscutibilmente la gara più fashion di tutte. E, anche questa stagione, la We run Milano di Nike non ha mancato di esaudire le sue promesse. Incredibile vedere un serpentone di oltre 7.500 donne di rosa salmone vestite invadere le strade della Milano by night di un venerdì sera bollente di inizio giugno, dominato da una cappa di 30° anche dopo il tramonto.
Donne tutte le età, di tante nazioni differenti (ho sentito parlare francese, inglese e spagnolo), chi più e chi meno preparata, da sole o in gruppo. Ed eccomi qui a scriverne.
Ho molto scherzato su tutto ciò che ruota intorno a queste gare “fashion”, le foto, i selfie, il trucco e il parrucco, ma su alcune cose voglio essere seria. Gare di questo tipo sono uno stimolo a mettersi in gioco per chi non si è mai avvicinato allo sport. E questo, a mio parere, è estremamente positivo. Dieci chilometri non sono pochi e c’è chi li ha affrontati qui per la prima volta, mettendoci il cuore e l’anima. Come la mia cara amica Cristina, che fino a un mese fa non avrei mai pensato di vedere infilare un paio di scarpe da corsa e che ieri è arrivata al traguardo nonostante il caldo soffocante. Un caldo che ha messo a dura prova anche chi un pochino più di esperienza l’ha maturata nel tempo.
Ad esempio, il mio gruppo di runners, le Soul sisters, Irene, Silvia, Manuela, Emilia… Ci siamo viste poco, all’inizio e alla fine della gara, perché ci siamo disperse in mezzo a una folla incredibile, ma è stato bello ritrovarsi tutte all’arrivo.
Però, proprio perché questa è una corsa rivolta anche a tante ragazze alle prime armi, mi sento in dovere di fare qualche appunto, spero costruttivo, all’organizzazione.
E’ il terzo anno che faccio la gara, che prima si chiamava con un altro nome, il che vuol dire che l’ho seguita fin dalla sua nascita. Se i primi due anni tutto è stato meraviglioso tanto da farmi conservare il ricordo di quella serata con grande entusiasmo, quest’anno sono arrivata al traguardo con qualche perplessità. Prima di tutto, quale traguardo? La misurazione dei chilometri era imperfetta ma su questo non posso dire nulla, dato che la gara non è certificata. Il problema è che, passati abbondantemente i 10 chilometri da gps, non si capiva dove finiva la corsa. Tifo nullo, un gonfiabile sgonfio e il buio intorno. Memore dell’arrivo trionfale dello scorso anno, in salita verso Gae Aulenti con ali di folla che ti davano il cinque e ti incitavano, non mi sembrava vero. Un arrivo come si deve è il regalo più bello che potete fare a noi runner, sappiatelo.
L’acqua. Quando mi sono approcciata ai ristori dei 5 e dei 7,5 chilometri c’era ancora da bere. Ma molte ragazze, soprattutto le meno esperte e quindi le più in difficoltà, sono rimaste senza acqua e non l’hanno trovata nemmeno al loro arrivo (riporto quanto mi è stato riferito). Trovo che questo non sia un dettaglio trascurabile, soprattutto visto il caldo di ieri. E con uno sponsor con i fiocchi, questo è inaccettabile.
Il percorso, tema chiave di ogni gara di corsa, era molto suggestivo, passando dal cuore della città vecchia alla nuova Milano, ma meno ricco di giochi di luce e dj set rispetto agli altri anni, quindi meno emozionante. E con alcune strettoie antipatiche, vista la quantità di partecipanti. L’aspettativa è sempre altissima verso questa corsa e con un passato così glorioso non potete deluderci.
Ma per fortuna ci siamo noi donne che siamo capaci di rendere tutto bello, dalle squadre affiatate al concetto di corsa al femminile, dal riscaldamento iniziale agli abbracci delle amiche sul finale. E per fortuna ci sono sempre le girls della comunicazione, efficienti e disponibili di fronte a tutte le richieste.
Il prossimo anno però mi aspetto qualche aggiustamento. Altrimenti mi toccherà andare alla mezza di Nike a San Francisco per riassaporare la stessa adrenalina al femminile di un tempo!
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