Se quando eri alle elementari ti piaceva da morire andare a cavallo, sognavi di essere come Lady Oscar ed eri pure bravina al trotto e al galoppo ma tua mamma ti fece smettere perché ti vide cadere dopo aver saltato un ostacolo, puoi essertene fatta una ragione. Se quando eri alle medie giocavi benino a tennis, iniziavi a fare tornei e, qualche volta, anche a vincerli ma il dottore ti fece smettere perché avevi la scoliosi, puoi anche averci messo una pietra sopra. All’arrivo dell’età adulta, però, è chiaro che tutto ciò peserà sulle tue spalle e farai molta più fatica di altri a sviluppare una mentalità agonistica.
A me è successo proprio questo. Anzi, quella sopra è proprio la mia storia.
Oggi, a tanti anni di distanza, mi domando come sarei stata se avessi proseguito nel fare qualche attività a livello agonistico. Forse avrei più grinta di oggi in gara? Forse conoscerei meglio i limiti e le potenzialità del mio corpo? Probabilmente sì. Ma è inutile piangere sul latte versato. Oggi posso solo esercitare la mia abitudine a gareggiare, con risultati più o meno positivi. E le campestri, in questo senso, sono un ottimo terreno di prova.
Le campestri sono come una medicina cattiva che, più è amara, più ti farà del bene. Le odi, dici sempre che sarà l’ultima volta ma poi ci ricaschi. La sera prima inveisci contro l’idea di svegliarti la domenica all’alba e di andare a prendere freddo in mezzo a un campo, annullando cene e uscite del sabato con gli amici. Poi, però, una volta che arrivi su quel maledettissimo terreno di gara, il sorriso dei tuoi compagni di squadra ti cambia la prospettiva.
Perché le campestri sono gare che corri per te ma, soprattutto, per la squadra. Il tuo posizionamento, infatti, porta a conquistare un certo numero di punti che serviranno ad alimentare la classifica generale delle squadre partecipanti.
Parlo come se fossi un’esperta, in realtà ho chiuso oggi solo la mia terza prova del Circuito Monga con una corsa a Castiglione d’Adda, in mezzo a dei bei mucchi di fango, dopo la pioggia di ieri. Credo comunque di aver cominciato a capire meglio cosa sia l’agonismo, proprio grazie alle campestri.
Finora avevo sempre fatto gara con me stessa e per me stessa, senza sperare in piazzamenti o vittorie. Oggi invece gareggio nell’ottica di una vittoria, almeno di quella della squadra. Ancora devo arrivare al senso sommo del cross country, cioè il fare gara sull’avversario ma, per questo, temo che mi ci vorrà del tempo.
Intanto, volta dopo volta, porto a casa qualche insegnamento morale e pratico. Con quello morale, vi ho già tediato. Quello pratico di oggi è usare lo smalto semipermanente sulle mani per evitare che si rovini quando pulisci i chiodi delle scarpe con la spazzola di plastica. Ho benedetto l’estetista e la sua applicazione perfetta del rosso lacca. Domani, del resto, parto per Pitti e la mia gara sarà mantenere un aspetto impeccabile per tutta la settimana della moda maschile. 🙂
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