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Un torrone mi motiverà (diario dalla Maratonina di Cremona)

17 Ottobre 2016

Non correvo una maratonina da aprile cioè da quando avevo portato a casa il mio umile personale a Cernusco Lombardone. In mezzo, ci sono state tante cose che mi hanno riempito la testa e svuotato le gambe. C’è stata anche un’estate calda, durante la quale ho patito gli allenamenti come non mai, e c’è stato un settembre partito a rilento a causa dei vari impegni di lavoro, che mi hanno sottratto tempo ed energie. Per tutti questi motivi, pensavo che sarebbe stato impossibile correre una mezza autunnale in maniera decente.

Nonostante ciò, mi sono lasciata ingolosire dalla Maratonina di Cremona, nella speranza di mangiare del buon torrone, innanzitutto, ma anche per il desiderio di ricominciare a mettermi alla prova su un terreno impegnativo. Dieci giorni prima della gara, chiedo lumi al coach che mi risponde di viverla come un allenamento di qualità. Ma ho ancora tanti dubbi e, soprattutto, tante paure. A incalzare c’è anche la mia amica e compagna di squadra Rosanna, che insiste perché vada con lei. Il problema è che Rosanna è un’atleta con un recente personale sulla mezza di 1h27′, quindi sono consapevole che la sua compagnia sarà molto virtuale. Rimugino fino al giorno prima della chiusura delle iscrizioni e, alla fine, opto per un sì.

Chiedo al coach qualche consiglio tecnico ma quest’anno il percorso è stato rinnovato, quindi non sarà possibile fare paragoni con le precedenti edizioni. Tra i vari suggerimenti che mi fornisce però ce n’è uno che mi frulla nella testa con insistenza: “Non partire già con l’idea di andare peggio delle altre volte solo perché sei meno allenata”. Cerco di convincermi di questa cosa. Mi sento come Alex in Arancia Meccanica quando viene sottoposto al lavaggio del cervello perché si persuada a odiare la violenza.

La domenica della gara arriva in un soffio. Sveglia alle 5.30, pronti, partenza e via. Sono stanca. Diciamo che per chi ha un lavoro impegnativo e totalizzante come il mio sottoporsi alla tortura di una levataccia nel fine settimana non è facile. Ma sono di buon umore.

Arriviamo a Cremona alle 8, ritiriamo i pettorali e facciamo colazione con calma. Ci cambiamo e ci prepariamo per il riscaldamento. Rosanna, ovviamente, scalpita, quindi mi riscaldo con un’altra compagna di squadra, Laura (con me nella foto di apertura del post), e mi posiziono alla partenza. C’è veramente tanta gente e mi ritrovo bloccata da centinaia di persone, tra cui i partecipanti alla staffetta. Una mia pecca che mi farà perdere 1’43” tra sparo e real time. Un’eternità. Ma penso che non sono qui per fare il tempo.

Parto velocina e so che non reggerò. Mi posiziono quindi su una media più alta che conserverò, bene o male, per tutto il percorso. Penso ad Arancia meccanica e cerco di scacciare via l’idea che questa volta farò schifo perché non sono allenata. All’8° mi fa male le gamba destra. Temo il peggio, poi passa. Arrivo ai 10.000 con un tempo discreto. Tengo bene ma al 13° perdo qualche secondo. Le sensazioni restano però positive. Complice un paesaggio piacevole, tra campi baciati da un sole inaspettato e scorci della città di Cremona. Una simpatica salita con tanto di acciottolato mi taglia le gambe all’arrivo. Vedo il traguardo e penso che, anche se non è personale, sto per chiudere in maniera dignitosa, nonostante tutto.

C’è Rosanna ad aspettarmi, che è molto carina con me. Ci facciamo le foto di rito e aspettiamo la sua premiazione di categoria. Nel mentre, ho tempo di riflettere su una cosa: è proprio vero che le gare hanno un ruolo fondamentale nello sbloccare psicologicamente un corridore. Nel mio caso, ho avuto la certezza di potercela ancora fare con tutti i miei giganteschi limiti e nonostante i dubbi e le paure. Addento un pezzo di torrone, trovato nel pacco gara, e mi preparo a riaffrontare una settimana tosta con l’animo più leggero. Pensando già alla prossima gara.

Io e Roxy

Indossavo total look Nike e calze The Wonderful Socks

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